Vergine Glykophilousa con Bambino e donatori su colonna della Basilica della Natività, Betlemme
Foto per gentile concessione di Michele Bacci
Opera | Vergine Glykophilousa con Bambino e donatori su colonna della Basilica della Natività |
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Datazione | 1130 |
Luogo di produzione | Basilica della Natività, Betlemme, Regno latino di Gerusalemme |
Tecnica di esecuzione | Tecnica mista: tempera e pigmenti disciolti in olio o cera su colonna |
Iscrizioni | Virgo celestis confer solatia mestis; Fili qui vere Deus precor his miserere |
Luogo di conservazione | Basilica della Natività, Betlemme |
Descrizione | Tra il 1130 e il 1169, o forse anche fino alla riconquista musulmana del 1187, diverse pitture votive furono dipinte sulle colonne della Basilica della Natività di Betlemme, a mo’ di ex voto da parte di devoti. Santi intercessori per le richieste dei pellegrini, santi protettori di specifiche categorie sociali o professionali ma anche santi ascetici connessi al territorio e ai monasteri nei dintorni di Betlemme, insieme alla raffigurazione di donatori e pellegrini, queste immagini esprimono un distintivo approccio devozionale da parte degli occidentali, ma anche l’acquisizione di tradizioni di culto locali. I modelli attraverso cui i santi venivano rappresentati appartengono alla tradizione bizantina, mentre non c’è accordo sulla provenienza degli artisti, che potevano essere greci, latini o arabici, e sulla datazione delle singole pitture, nella maggior parte dei casi attribuibili solo sulla base di criteri stilistici. Diverso è invece il caso della Vergine con Bambino dipinta su una colonna navata sud insieme ai donatori, la quale, grazie all’iscrizione che la accompagna, è datata all’anno 1130. L’immagine riprende il tipo bizantino della Vergine Glykophilousa, ovvero “di tenerezza”: la Vergine e il Bambino, che le sta in braccio, teneramente si sporgono l’una verso l’altro per toccarsi guancia a guancia. Come nota Folda, sullo sfondo dietro il trono su cui è seduta Maria sembra delinearsi una grotta grigia, probabile riferimento al santuario nella cripta della chiesa, la grotta della Natività, il vero e proprio locus sanctus oggetto della venerazione dei pellegrini. Il donatore dell’immagine votiva e i suoi familiari sono rappresentati inginocchiati; sotto la cornice dipinta della scena si trovano infatti un cavaliere, sulla sinistra, e due donne col capo velato, sulla destra. Sempre in basso un’iscrizione in latino, oltre ad attestare la committenza occidentale dell’opera, esprime la richiesta dei devoti: «Vergine celeste, conferisci soccorso agli afflitti». Un’altra iscrizione rivela che la Vergine sta già intercedendo con il Figlio per i richiedenti: «Figlio che sei il vero Dio ti supplico di avere compassione per loro». |
Bibliografia principale | - M. Andaloro, Al-musawwir: colui che scrive le immagini, in A. Calzona – R. Campari – M. Mussini (eds.), Immagine e ideologia. Studi in onore di Arturo Carlo Quintavalle, Milano 2007, pp. 613-617; - J. Folda, Twelfth-century pilgrimage art in Bethlehem and Jerusalem. Points of contact between Europe and the crusader kingdom, in R. M. Bacile – J. MacNeill (eds.), Romanesque and the Mediterranean. Points of contact across the Latin, Greek and Islamic worlds c. 1000 to c. 1250, Leeds 2015, pp. 1-14; - M. Bacci, The mystic cave. A history of the Nativity cave, Brno – Rome 2017, pp. 130-136. |
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Autore/Autrice scheda | CL |