Pitture del Monastero di Mar Musa al-Habashi
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Opera | Pitture del Monastero di Mar Musa al-Habashi |
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Datazione | primo strato pittorico: 1058-1088; secondo strato pittorico: 1095; terzo strato pittorico: 1208-1209 |
Luogo di produzione | Monastero di Mar Musa al-Habashi, Nebek, Sultanato Ayyubide |
Tecnica di esecuzione | Pitture murali |
Iscrizioni | iscrizione B1) da DEN HEIJER 2007, in arabo, incisa su due conci della muratura a sinistra della finestra dell’arco trionfale: «Nel Nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole, / questa chiesa fu costruita con l’aiuto di Dio / nel nome della Signora e San Mūšā [ = Mosè] il Profeta. / Incaricato della sua costruzione era Mūsā, e i suoi fratelli, i figli di ’Abū al-’Asad, / possa Dio perdonare loro, e i loro genitori e chiunque / porti offerte in questo luogo. Nell’anno cinquanta e quattrocento [A.H. 450 = A.D. 1058/1059]». Iscrizione B7) da DEN HEIJER 2007, in arabo, dipinta sul lato sud del primo pilastro nord della navata, primo strato pittorico: « + Nel Nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole, / ha lasciato questo mondo transitorio, …… ’Abū l-Asad ibn al-Qasīr, nell’anno sei / e sessanta e quattrocento, e suo figlio, Ġālī (?), nell’undicesimo giorno di ’Aylūl, dell’anno / uno e ottanta e quattrocento [A.H. 481 = A.D. 1088], possa Dio perdonare loro, per l’intercessione della Madre della / Luce e dello Spirito […], e per l’intercessione di San Mā[r] Mūsā, e tutti i Sa[nti] / …lui ha ordinato (?), davanti a (?) … il divino (???), compie (?), tu (f) chiedi (?) e ogni / fatto e dolore o offesa (?) … / che lui possa pregare (?) [chiunque?] legga questo, … / Amen. Perdona colui che chiede misericordia». Iscrizione B18) da DEN HEIJER 2007, in arabo, dipinta sul lato nord dell’arcata del secondo pilastro sud della navata, secondo strato pittorico: «Il pittore realizzò [questo] nella domenica, il primo giorno di Tammūz / dell’anno ottantotto e quattrocento [A.H. 488 = 7 luglio 1095]. Ha scritto [questo] / Ḫayr. / Ḥunayn Ḫay[r]». Iscrizione B19) da DEN HEIJER 2007, in arabo, dipinta sulla parete est della navata nord, terzo strato pittorico: «Il miserabile (?) ha scritto (?) [questo] nell’anno seicento quattro [A.H.? 604 = 1208-1209], / per mano del decoratore Sarkīs, figlio del prete Ġālī b. Barrān, / Dio abbia misericordia [di lui] e (?) di (?) chiunque (?) venga [in] a questo / oratorio benedetto (?), possa [Dio] guarire [e] assolvere, Amen / e Amen». La traduzione delle iscrizioni dall’arabo all’inglese è a cura di Johannes Den Heijer (DEN HEIJER et alii, Deir Mar Musa: the inscriptions, in «ECA» 4 (2007), pp. 133-185, in particolare iscrizioni n. B1, B7, B18 e B19. La traduzione dall’inglese all’italiano è a cura dell’autrice della scheda; parte della traduzione in italiano dell’iscrizione B19 è tratta da DALL’OGLIO 1998, al quale si deve l’interpretazione della datazione all’anno 1208. |
Luogo di conservazione | Monastero di Mar Musa al-Habashi, Nebek, Siria |
Descrizione | Il monastero di Mar Musa al-Habashi (“San Mosè l’abissino”) si trova nei pressi di Nebek, a metà tra a Homs e Damasco e non lontano da Qara. Durante il medioevo quest’area non fu mai annessa ai territori crociati ma rimase sotto il controllo dei musulmani, che dal VII secolo ne avevano sottratto la giurisdizione a Costantinopoli. Le comunità siriache cristiane continuarono ad abitare questo territorio e gradualmente la lingua araba si sostituì all’aramaico nella vita quotidiana. Arroccato sulle montagne, il monastero rimase in stato di abbandono fino al 1982, quando Padre Paolo Dall’Oglio ne riscoprì i resti e le pitture. Il sacerdote promosse in seguito il restauro e il ripristino del sito, fondandovi una comunità monastica per incoraggiare il dialogo interreligioso. Il restauro, partito nel 1987, è stato frutto di un progetto di cooperazione internazionale tra il Ministero degli Affari Esteri Italiano e la Direzione Generale delle Antichità e dei Musei di Damasco ed è stato eseguito sotto la direzione scientifica dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma. Il monastero di Mar Musa apparteneva alla comunità siro-ortodossa e monofisita, anche chiamata giacobita dal nome del suo fondatore Giacomo di Baradeo da Edessa, la quale aveva subito nel corso dei secoli forti persecuzioni da parte del centralismo dell’impero e della chiesa bizantini. Era originariamente intitolato al profeta Mosè, in arabo Mūsa; solamente in seguito fu dedicato al santo abissino. Diverse iscrizioni in arabo sia incise sulla muratura che dipinte hanno permesso di ricostruire la cronologia di tre fasi pittoriche distinte, sovrapposte l’una sull’altra come un palinsesto, e parte della storia del complesso. Nonostante si abbiano notizie del monastero già dal VI secolo, la costruzione dell’attuale chiesa con tre navate divise da arcate su pilastri avvenne nel 1058-1059, data riportata su alcuni conci della muratura (iscrizione B1). Agli anni tra il 1058 e il 1088 (individuati grazie all’iscrizione B7) risale la prima fase pittorica che interessò tutte le superfici ad eccezione delle pareti laterali; di essa rimangono solo alcune porzioni, tra cui Elia che dona il mantello a Eliseo nella navata centrale, figure di santi nei sottarchi e Sansone con il leone nella navata sud, tutte con fondo bianco e accompagnate da iscrizioni in greco. A questa fase appartengono inoltre tracce di santi cavalieri, i più antichi attualmente superstiti dell’area siro-libanese, che procedevano verso l’abside nella navata centrale e che furono ricoperti negli anni successivi da pitture con lo stesso soggetto. In una seconda fase, datata al 1095 grazie all’iscrizione firmata dal “calligrafo” Ḥunayn (iscrizione B18), furono aggiunte sulle pareti terminali delle navate laterali le rappresentazioni di alcune feste liturgiche, tra cui il Battesimo, la Presentazione al tempio e le Pie donne al Sepolcro. La terza e ultima fase, contraddistinta da iscrizioni in siriaco, risulta essere la più interessante, sia per l’estensione della superficie pittorica, la più ampia superstite in una chiesa in Siria, che per alcune particolarità. Datata agli anni 1208-1209 grazie alla firma in arabo del pittore Sarkīs (iscrizione B19), la nuova decorazione interessò tutta la navata centrale con un imponente programma iconografico, comprendente la Visione di Cristo in Maestà insieme alla Deesis (Maria e Giovanni Battista che intercedono per l’umanità) nell’abside, il rifacimento dei santi cavalieri nella navata, santi ed evangelisti sui pilastri, sante nei sottarchi e un maestoso Giudizio Finale nella controfacciata, costituito da cinque registri e le cui figure occupano anche le pareti adiacenti. Rispetto alla tradizione bizantina qui il Giudizio si distingue per la sostituzione di Cristo Giudice con il trono dell’Etimasìa, per l’assenza della Vergine e di San Giovanni Battista, presenti nella Visione nell’abside, per il rilievo dato al profeta Mosè nella scena della Pesatura delle anime e per l’ampio spazio riservato ai dannati, sottoposti a vari generi di torture e tormenti. Alcuni aspetti della rappresentazione rimandano al contatto con gli occidentali e alla componente gerosolimitana, mentre elementi come il tema “arcaico” della Visione di Cristo in Maestà nell’abside richiamano la tradizione più spiccatamente orientale, che contraddistingue aree come appunto l’attuale Siria, la Cappadocia e il Libano. Numerosi confronti iconografici sono stati individuati con le pitture delle chiese libanesi e cappadoci, mentre in particolare la rappresentazione dei santi cavalieri nella navata di Mar Musa è stilisticamente molto affine a quella della vicinissima chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Qara, posteriore solo di qualche decennio. Le recenti scoperte delle pitture di Mar Musa prima e poi delle chiese di Qara hanno contribuito a definire quelli che sono i caratteri dello stile siriaco, contraddistinto da un marcato linearismo, da una forte bidimensionalità e da colori vivaci, derivati in parte dal contatto con l’arte islamica. Nel Giudizio di Mar Musa persino alcuni particolari iconografici rimandano all’interazione con la tradizione islamica, come per esempio la presenza di dannati tormentati dal freddo di fiocchi di neve, sul secondo e sul quarto registro, e dei dannati tormentati dai serpenti, sul quinto registro. Interessante è inoltre la raffigurazione nella navata dei santi cavalieri con il vessillo crociato, non solo perché si trovano in un territorio non controllato dagli occidentali, ma anche perché sono i più antichi esempi di santi a cavallo con questi stendardi nell’area siro-libanese. Questo fatto testimonia il contatto tra i cristiani che vivevano sotto la dominazione musulmana e nella vicina Contea di Tripoli e attesta la circolazione di immagini e gli scambi artistici tra le diverse culture presenti sul territorio. Il tema iconografico dei Santi Cavalieri ha infatti origine nell’arte cristiana orientale dell’Alto Medioevo, mentre San Giorgio, San Demetrio, San Teodoro e i Santi Sergio e Bacco erano venerati in Occidente solo come martiri. Durante l’epoca delle crociate il contatto con i cristiani orientali fece sì che anche i latini iniziassero a venerarli come Santi Cavalieri e Guerrieri a protezione dei loro soldati e gli occidentali aggiunsero a queste rappresentazioni il vessillo con la croce. Il nuovo motivo iconografico circolò a tal punto che fu adottato anche dai pittori orientali come simbolo contro la dominazione dei Saraceni in Terra Santa e nei territori limitrofi, fino ad arrivare ad essere rappresentato in aree sotto il controllo musulmano, come appunto è il caso di Mar Musa e di Qara. La dinastia Ayyubide aveva del resto un atteggiamento tollerante verso i numerosi nativi cristiani, permettendo sia il libero attraversamento dei confini sia la rappresentazione di un simbolo “ostile” come quello del vessillo crociato. |
Bibliografia principale | Dall’Oglio et alii 1998; Cruikshank Dodd 2001; Immerzeel 2004; Westaphalen in «ECA» 4, 2007; Immerzeel in «ECA» 4, 2007; Den Heijer et alii in «ECA» 4, 2007; Andaloro 2007; Immerzeel 2012-2013; Menna 2019. |
Voce Menù | Cantieri pittorici e musivi |
Schede correlate | Pitture della chiesa di Mar Sarkis Chiesa di Mar Tadros Icona bilaterale con la Vergine Hodegetria e i Santi Sergio e Bacco a cavallo Icona con San Sergio a cavallo e donatrice Miniatura con la mappa di Gerusalemme e i Santi Sergio e Demetrio a cavallo che combattono i saraceni |
Autore/Autrice scheda | CL |